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Sommergibile Vortice

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Dalla realtà al modellismo
di Duilio Curradi e Rolando Maeran
Articolo pubblicato dal trimestrale di scienza e tecnica Marzo-Maggio 2008
L'HOBBY DELLA SCIENZA E DELLA TECNICA
Costruire un sommergibile perfettamente funzionante significa superare grandi difficoltà soprattutto tecniche. Al di là della finitura, che rende il modello piacevole alla vista, il sommergibile deve poter variare il proprio dislocamento in modo da navigare in superficie, immergersi e riemergere, navigare in profondità o a quota periscopica. Il tutto agli ordini di un radiocomando e con uno scafo perfettamente stagno.
Questa volta abbiamo chiesto a Rolando Maeran, un bravissimo modellista dell’A.N.V.O., Associazione Navimodellisti Valle Olona di Castellana VA, di parlarci del suo sommergibile e di come lo ha costruito.
Il modello del sommergibile Vortice Perchè un sommergibile? Mi sono sempre appassionato di modellismo navale dinamico. Affascinato dai rimorchiatori ne ho costruito tre ma poi mi sono domandato se non era il caso di cambiare e provare a cimentarmi con un nuovo tipo di imbarcazione. La scelta è caduta sul sommergibile per i seguenti motivi.
1)
La tecnica. Volevo impegnarmi in un modello che avesse qualche cosa di più nei confronti dei precedenti già costruiti. Il sommergibile infatti deve andare sott’acqua, e fin qui sarebbe tutto normale, il problema è che poi deve riemergere!! A parte gli scherzi chi si accinge a costruire questo tipo di modello deve mettere in conto qualche oggettiva difficoltà.
2) Il tipo di sommergibile. Ho optato per un sommergibile vecchio stile ma pieno di fascino. I sottomarini moderni sono belli ma hanno poche sovrastrutture. Io amo i particolari e fare un modello tipo “tubo” mi piaceva poco. Questo sommergibile della seconda guerra mondiale faceva al caso mio. Mi piacevano gli U-boot tedeschi, ma sono troppo inflazionati e poi volevo ad ogni costo un modello italiano. Il “Vortice” si ispirava, per quanto riguarda la falsa torre, agli U-boot tedeschi e questo mi piaceva.
3) La scala. Dovendoci mettere dentro parecchio materiale, …e le mani, ho voluto fare un modello piuttosto grosso. Di qui la scelta della scala 1:33.
4)
La documentazione
. Sui classici U-Boot tedeschi si trova una grande quantità di documentazione ma per quelli italiani la cosa è più complicata. Mi è venuta in aiuto la associazione dei modellisti Bolognesi che, nel loro catalogo, hanno molti disegni di sommergibili italiani.
5)
La storia. Questo sommergibile non è rinomato per atti eroici o bellicosi anzi, a dire il vero, la sua carriera di “guerra” è piuttosto breve ma è il capostipite della nuova generazione di sommergibili italiani del dopo guerra.
6)
La collaborazione. La cosa che mi ha fatto rompere gli indugi è stato l’appoggio e l’aiuto fattivo di alcuni soci della mia associazione. Il sommergibile è ricavato da una serie di stampi in gesso. Perché stampi? Perché, come ho appena detto, è stato grazie all’aiuto di altri due soci che mi sono impegnato in questa impresa. Ma allora ci siamo chiesti: perchè farne uno solo quando, con la stessa fatica, se ne possono fare tre? Attenzione però. Con gli stampi in gesso non si possono fare più di tre modelli perché poi si rompono. Resta comunque la soluzione classica delle ordinate e del fasciame con rivestimento in vetroresina.
Il Vortice visto da prua I tre grossi gruppi che compongono questo modello sono: Lo scafo, che è la parte che rimane sempre sommersa. E’ anche la parte più importante dove è contenuto tutto il sistema di propulsione e comandi. Il ponte, ovvero tutta la parte fuori acqua. La torretta o falsa torre. La parte centrale del modello contiene la cassa d'acqua, quella che, una volta riempita, permette al sommergibile di inabissarsi staticamente.
A prua e a poppa ci sono due grossi vani per l’entrata dell’acqua di zavorra. Per caricare e scaricare l’acqua ho usato una pompa ad ingranaggi.  La propulsione del modello avviene mediante due motori, recuperati da uno sfasciacarrozze, appartenuti alle ventole di raffreddamento del radiatore delle cinquecento. Per me l’elettronica è una cosa astratta e non ne capisco nulla.
L’unica parte “elettronica” del modello è il regolatore di velocità, acquistato e montato cosi com’è. Per tutto il resto si tratta di un modello completamente auto costruito e, aggiungo, artigianalmente. Pensate che per evitare l’entrata di troppa acqua nella cassa di allagamento, il sistema che inverte la rotazione della pompa si basa su un “tappo di sughero”. Si, come quello delle bottiglie!! Solo che in questo caso ho utilizzato quello da damigiana più largo e quindi con maggior base di appoggio. Cosa dire poi del relè che comanda la pompa? Anche in questo caso una visita allo sfasciacarrozze dove l’ho recuperato con relativi fusibili. In senso orizzontale il modello si divide in cinque sezioni. Iniziando da prua troviamo un primo vano che serve da zavorra e che viene allagato quando il modello è in acqua, dentro ci sono anche i leveraggi dei timoni di profondità anteriori.
Il Vortice visto da poppa Poi un secondo vano dove è contenuto il sistema di pompaggio. Pompa ad ingranaggi autocostruita azionata da un motore elettrico e relative batterie, microinterruttori per troppo pieno e inversione di rotazione della pompa. La cassa d’acqua in posizione centrale e, sopra di essa, tutto l’impianto di radiocomando. A seguire il vano motori con relativa batteria di alimentazione. Infine a poppa altro vano di zavorra con tutti i leveraggi per i timoni di profondità, direzione, tubi e assi porta eliche. I tre vani centrali sono a tenuta stagna. Hanno dei coperchi in plexiglass dello spessore di un centimetro.
Suggerimenti. Nella costruzione degli stampi non dovete lesinare sulla robustezza dei contenitori del gesso. Usate un gesso che viene definito “alabastrino”. Questo gesso ha la prerogativa di essere poco poroso, eviterete molte ore di stuccatura e lisciatura. Se la superficie degli stampi sarà molto liscia il risultato sarà eccellente. Usate un buon distaccante, ma va bene anche la cera gialla classica che si usa per i mobili o per i pavimenti.
La torretta del sommergibile Vortice
Trattandosi di modello dinamico mi sono preso la licenza di aumentare un po’ la superficie del timone di direzione altrimenti non avrebbe fatto il suo dovere. Non lesinate con la vetroresina: il modello deve essere molto robusto. D’altronde la lunghezza di 190 centimetri non è poca e il peso finale, comprese le batterie, supera i 25 kg. Altro consiglio relativo alla cassa d’acqua, la cui capienza si aggira attorno ai due litri: è necessario mettere al suo interno alcune paratie forate in modo che, pur lasciando la possibilità all’acqua di passare da una parte all’altra, questa non “sbatta”. Ciò modificherebbe l’assetto del modello durante la navigazione. La presa dell’acqua da immettere nella cassa deve essere posizionata sul fianco del modello o in altra posizione riparata per evitare di risucchiare sabbia o altri detriti. Per le guarnizioni sotto i coperchi in plexiglass usate della gomma espansa a cellule chiuse tagliata in un pezzo unico e con uno spessore di almeno 5 mm. Per i coperchi, anche se costa un po’ di più, usate il plexiglass al posto del metacrilato poiché quest’ultimo, a mio parere, è troppo “secco”, quindi più fragile, e potrebbe rompersi nella lavorazione di foratura  o quando viene messo sotto tensione durante la chiusura dei coperchi. Ultime due considerazioni. Armatevi di pazienza, anzi meglio di dime, per eseguire gli otre 900 fori che costellano il ponte del sommergibile e poi iscrivetevi ad un corso zen per superare la prova di equilibratura in acqua. Sappiate che, nonostante i 25 kg di peso, bastano 50 grammi per far sbandare a dritta o a sinistra il modello. Certo chi ha più dimestichezza in fatto di elettronica potrà trovare altre soluzioni e miniaturizzare il tutto. Chi ha la possibilità di avere una radio evoluta potrà aumentare il numero dei servocomandi e aggiungere altre funzioni. E via di questo passo. Il bello del modellismo è proprio questo, ognuno esegue il modello in funzione delle proprie capacità, esperienze, manualità, tempo denaro e, aggiungo io, anche in base agli amici modellisti che gli stanno vicino. Auguri.
Il sommergibile Vortice in navigazione La storia del sommergibile Vortice
Il Sommergibile Vortice aveva un gemello di nome Giada
. Questi due sommergibili furono gli unici due che si salvarono dalle pesanti e durissime condizioni limitative del "Diktat" di Parigi che, dopo la 2° guerra mondiale, vietavano all'Italia di possedere una flotta subacquea.
Con una serie di stratagemmi e d'astuzie all'italiana, questi due battelli furono classificati ufficialmente come "
pontoni di carica" e denominati, rispettivamente, V1 e V2. Furono allontanati dalle zone normalmente riservate ai sommergibili e relegati in una darsena dell'arsenale di Taranto.
Provvisti di false sovrastrutture, che venivano sbarcate prima di ogni uscita che avveniva solo di notte, svolsero normale attività di addestramento.
Fu così che questi due vecchi ma tenaci battelli, costituirono l'anello di congiunzione e di continuità delle nuove forze subacquee italiane. 
Questo metodo di operare semiclandestino durò fino al dicembre 1951, quando vennero considerate decadute le clausole restrittive del Diktat di Parigi. A quel punto i famosi "pontoni di carica" abbandonarono le sigle provvisorie e si riappropriarono dei loro nomi, sbarcando definitivamente le false sovrastrutture ed entrando ufficialmente nelle Forze Navali Italiane. Il "Vortice", della classe Flutto prima serie, venne impostato il 3 gennaio 1942, fu varato il 23 febbraio 1943 e venne radiato il 1° agosto '67, dopo ben 24 anni di quasi ininterrotto servizio. Adesso il modello del Vortice fa bella mostra di sé a casa mia. Il suo motto mi sprona a superare le difficoltà che giornalmente si propongono "ET ETIAM HODIE ASSURGES VORTICE".