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Queste informazioni sono estratte dalla ricerca di Francesco Giuliani dal titolo:
I mezzi di salvataggio delle navi - Scialuppe e gruette.
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Le dotazioni di salvataggio a bordo di una nave hanno sempre rivestito particolare importanza, potendo garantire la sopravvivenza in caso di naufragio, e per questo vengono concepite in modo tale da rispondere al meglio alle varie situazioni che potrebbero occorrere alla nave su cui sono installate. Questi sistemi comprendono le imbarcazioni di salvataggio e tutti quei sistemi atti a metterle in mare correttamente ed in sicurezza nel più elevato numero di eventi avversi possibili. Le imbarcazioni possono essere di tipo rigido, ovvero le comuni scialuppe, oppure gonfiabili, come i canotti in uso oggi su tutte le unità passeggeri e mercantili di linea e da crociera.
Tra le gruette impiegate nel passato possiamo trovare essenzialmente cinque tipi fondamentali, fra queste:
•  Il bigo, ovvero un tipo di gru che veniva installato su navi da carico e transatlantici principalmente per l’imbarco e lo sbarco delle merci sfuse, ma che in passato, sia sui velieri ma soprattutto a bordo delle navi da battaglia di tipo  pre-Dreadnought e post-Dreadnought, fu impiegato per mettere in mare i canotti e le lance di salvataggio (le quali venivano imbarcate in gran numero, ma senza altrettante gruette per lasciare spazio alle artiglierie). Il bigo, in veste di questa funzione, è presente anche sulla nave scuola Amerigo Vespucci per ammarare le due grandi lance rimessate a centro nave tra l’albero di trinchetto e l’albero maestro.

l bigo
Il bigo, come accennato nell’introduzione, è un sistema che nasce per la movimentazione della merce sfusa da e per le stive, oppure, nel caso di navi da battaglia, per l’imbarco di attrezzature belliche.
Tuttavia in alcuni casi, come ad esempio per le unità da guerra a cavallo tra l’ottocento ed il secondo conflitto mondiale, è stato ampiamente utilizzato per la movimentazione delle lance di salvataggio.
Le navi da battaglia infatti, come ad esempio le grandi corazzate tipo l’HMS Royal Sovereign o l’HMS King Edward VII del 1905, imbarcavano, per ovvie ragioni, grandi numeri di lance e piro-lance per effettuare un’evacuazione rapida in caso di perdita della nave in combattimento, ma non avevano altrettante gruette poiché all’epoca questo tipo di unità aveva molti pezzi di artiglieria dislocati sui ponti esterni che occupavano gran parte dello spazio disponibile.
Questa condizione raggiunse l’apice nella Seconda Guerra Mondiale, quando le navi da battaglia come l’italiana RN Roma arrivarono ad essere equipaggiate con numerose torri armate con cannoni di grande, medio e piccolo calibro, oltreché mitragliatrici e talvolta, in base al tipo di unità, tubi lancia-torpedini e dispositivi di rilascio di mine di profondità.


Per queste ragioni, quindi, si rendeva necessario utilizzare un dispositivo che da solo fosse capace di movimentare in sequenza il maggior numero di imbarcazioni possibili, ed il bigo di carico si prestava perfettamente a questo scopo. Il bigo, come mostrato in figura, si compone essenzialmente di una colonna (a), di un picco (b), di pescanti a paranco per la movimentazione del picco stesso (c) e del carico (d), oltreché ovviamente di verricelli (oggi manovrati elettricamente o idraulicamente, un tempo a vapore) per il rilascio ed il recupero delle cime costituenti i pescanti.
Per il brandeggio laterale del picco, infine, ci si avvale di appositi “bracci” costituiti da cime in trefoli d’acciaio (o più anticamente in fibra naturale) connessi alla varea del picco.
Le lance vengono solitamente raggruppate nelle sue vicinanze, rimessate in configurazione affiancata e/o sovrapposta, e collocate entro apposite selle.

Quando le lance sono in condizione di riposo vengono appositamente rizzate, per evitare movimenti non consentiti e pericolosi durante moti di rollio e beccheggio, e coperte mediante teloni per proteggere il legno e le attrezzature dal sole e dalla salsedine (lancia n°1 nel disegno sopra). Nel caso in cui si palesi la necessità di procedere all’ammaraggio di queste imbarcazioni, le operazioni da seguire si possono brevemente riassumere come segue.
Per prima cosa, al fine di liberare lo scafo dalle selle, si procederà con la rimozione totale delle rizze, togliendo contestualmente i teli di protezione. Conseguentemente a ciò, si procederà con l’inganciare le estremità prodiera e poppiera della lancia ai pescanti del bigo mediante cime, e dopo averla convenientemente assicurata sarà possibile procedere al sollevamento di quest’ultima dalla sella a mezzo dei verricelli (motolancia n°3 nel disegno sopra). Una volta che la barca sarà sollevata a mezz’aria sarà infine possibile sbracciare il picco fuoribordo, dove lentamente i pescanti verranno rilasciate finché l’imbarcazione non toccherà l’acqua.
Una volta che la lancia sarà entrata in mare e la tensione sui pescanti, indotta dal peso della suddetta imbarcazione, sarà dissolta, sarà possibile disimpegnare i paranchi e riavvolgerli, riportando contestualmente il picco entrobordo così da ripetere le predette operazioni per ogni barca a disposizione.

Come si può intuire dalla anzidetta descrizione questo è un sistema estremamente semplice, ma tuttavia non è molto sicuro in ragion del fatto che la lancia rimane sollevata a mezz’aria per un periodo considerevolmente prolungato durante la sua movimentazione, rappresentando un carico sospeso potenzialmente pericoloso.
Benché infatti tale sistema sia stato impiegato sulle navi da battaglia fino agli anni ’40 del novecento, sulle navi passeggeri non è stato quasi mai impiegato, soprattutto nell’ultimo secolo; è chiaro infatti che su una nave da battaglia vi sia personale addestrato per tale evenienza, mentre ciò non avviene per gli ospiti a bordo di un’unità passeggeri, non essendo questi ultimi generalmente abituati o preparati ad affrontare un evento avverso (benché sulle grandi unità si svolgano talvolta esercitazioni di abbandono nave).