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Queste informazioni sono estratte dalla ricerca di Francesco Giuliani dal titolo:
I mezzi di salvataggio delle navi - Scialuppe e gruette.
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Le dotazioni di salvataggio a bordo di una nave hanno sempre rivestito particolare importanza, potendo garantire la sopravvivenza in caso di naufragio, e per questo vengono concepite in modo tale da rispondere al meglio alle varie situazioni che potrebbero occorrere alla nave su cui sono installate. Questi sistemi comprendono le imbarcazioni di salvataggio e tutti quei sistemi atti a metterle in mare correttamente ed in sicurezza nel più elevato numero di eventi avversi possibili. Le imbarcazioni possono essere di tipo rigido, ovvero le comuni scialuppe, oppure gonfiabili, come i canotti in uso oggi su tutte le unità passeggeri e mercantili di linea e da crociera.
Tra le gruette impiegate nel passato possiamo trovare essenzialmente cinque tipi fondamentali, fra queste:
•  La gruetta “Luffing Davit”, ovvero una versione semplificata della gruetta a quadrante, più snella per quanto riguarda le componenti costruttive ed in cui il meccanismo di manovra ne è intimo parente;
Gruette Luffing Davits
Il tipo di gruetta che adesso vedremo deriva concettualmente, per sommi capi, dalla gruetta a quadrante, ma ne semplifica a livello pratico i meccanismi. Tale sistema infatti mantiene l’azionamento di sbraccio adoperante un accoppiamento chiocciola-madrevite, rinunciando tuttavia al settore dentato e alla cremagliera, in modo tale da semplificare la realizzazione e la manutenzione del sistema.
Questo tipo di gruetta in verità, basandosi sul medesimo concetto applicativo, ha nel tempo sviluppato architetture lievemente differenti, collocando il meccanismo in posizione via via più congeniale alla nave che ne era equipaggiata.
Tra gli anni finali della Belle Époque e gli anni successivi alla Seconda Guerra mondiale molte furono le navi che vennero equipaggiate con questa famiglia “semplificata” di gruette a quadrante, ed in tal senso diverse navi che nacquero come unità da carico durante gli anni ‘40 per sopperire agli sforzi bellici alleati e che videro una nuova vita nel secondo dopoguerra come navi passeggeri, continuarono a montare tali gruette sebbene ne esistessero di più efficienti.
Tra le unità passeggeri che ebbero installato questo sistema nel primo dopoguerra possiamo citare le motonavi Saturnia, Vulcania della “Cosulich Line”, le motonavi Neptunia ed Oceania sempre della “Cosulich”, fino ad arrivare all’innovativa motonave Victoria del “Lloyd triestino”.


Quest’ultima, entrata in servizio nel 1931, era equipaggiata con quattro motori diesel Sulzer da 4.500 cavalli l’uno su altrettante eliche, che ne facevano la nave a propulsione diesel più veloce del suo tempo grazie ad un’invidiabile velocità 23 nodi. Nel 1932 fu immessa sulla rotta Genova-Bombay e, grazie a moderni impianti Carrier per l’aria condizionata (novità per l’epoca) e alla sua notevole velocità in relazione a quella tratta, fu talvolta preferita da Maragià e personalità notabili dell’allora India coloniale britannica ai vecchi e vetusti piroscafi della compagnia di navigazione “British-India” (che per l’appunto si occupava di collegare la madrepatria con le colonie indiane).

Il sistema a chiocciola-madrevite ha continuato a costituire una buona soluzione con cui realizzare i disositivi di sbraccio per gruette anche durante la seconda guerra mondiale; a fine del 1939, per aiutare la Gran Bretagna nello sforzo bellico (ma anche in previsione di un proprio eventuale ingresso in guerra, che poi successivamente avvenne), gli Stati Uniti iniziarono la costruzione di varie classi di navi da carico “standard” per trasportare al di là dell’Atlantico munizioni, carburante e veicoli. Alcune di queste classi di navi in verità nascevano talvolta anche prima di eventi bellici, ma furono standardizzate per la produzione in serie. In tal senso si possono citare le unità di classe Victory, classe Liberty (di cui si distinguono le versioni “americana” e “canadese”), Tanker T2 (pirocisterne a propulsione turbo-elettrica), ecc…  La costruzione di queste unità avvenne in gran numero, e questo per sopperire agli agguati degli U-boot tedeschi, che facilmente riuscivano ad attaccare i convogli composti da queste lente navi e ad affondarle. In un contesto simile, in cui queste unità avevano mediamente vite abbastanza brevi, dovevano essere equipaggiate con sistemi che fossero funzionali, ma non troppo complessi e costosi.
Basti pensare alle navi di classe Liberty, le quali vennero equipaggiate con un apparato motore composto da un’antiquata motrice alternativa a tre cilindri in luogo di un gruppo turbine-riduttore, che gli conferiva una velocità massima di appena 11 nodi circa. In tal senso anche le gruette rispondevano a questo principio e proprio in ragion di ciò l’impiego di una gruetta con meccanismo a chiocciola-madrevite risultava essere il miglior compromesso tra funzionalità, semplicità ed economicità.
Premettendo che il sistema che andremo quindi ad esporre non è sempre esattamente standardizzato, ovvero non ha sempre la stessa disposizione delle componenti (pur mantenendo la vite di manovra e la chiocciola come impianto di manovra), andremo ora a vedere la variante che - forse - fu la più ampiamente utilizzata, ovvero le gruette installate proprio sulle centinaia  di unità di classe Liberty varate negli anni '40 ed impiegate, anche dopo la guerra, per rinforzare le marine mercantili europee decimate dal conflitto (Liberty Ship Davit).
Il sistema si compone quindi, essenzialmente, di due bracci (a) e due rispettivi telaietti di supporto (b).
I bracci sono infulcrati alla base del telaietto, sul lato di murata, e possono ruotare sul suddetto perno per consentire lo sbraccio fuoribordo.
Il braccio è connesso al telaietto mediante il meccanismo di manovra; questo è composto da una scatola ad ingranaggi (c – in rosso), una vite di manovra (d) ed un’asta cava filettata internamente (e) che si caletta sui filetti della vite predetta.
La scatola d’ingranaggi, incernierata sul telaietto e dunque capace di inclinarsi lateralmente ruotando sul proprio perno, può essere composta da una coppia di ruote dentate coniche accoppiate perpendicolarmente tra di loro, a formare un angolo di 90° tra i rispettivi mozzi.
La ruota conduttrice sarà connessa ad una manovella (f) che fuoriesce dalla scatola e che verrà movimentata a mano, mentre la ruota condotta verrà montata alla base della vite di manovra, la quale sfocerà all’esterno della scatola orientata verso il braccio della gruetta. Sulla vite verrà calettata quindi un’asta cava, filettata internamente, che superiormente sarà incernierata al braccio della gruetta mediante un collare, così da costituire l’accoppiamento chiocciola-madrevite cuore del meccanismo; tale asta cava - in virtù del collegamento mediante perno cilindrico al collare sul braccio - è impossibilitata a ruotare sul proprio asse longitudinale e quindi, facendo ruotare la vite di manovra entro di essa, i filetti dell’accoppiamento ingraneranno determinandone lo scorrimento assiale.
In tal senso la scatola funge da elemento strutturale, in quanto con il braccio fuoribordo il peso della lancia pone in trazione l’asta cava e la vite di manovra che si ancorano alla suddetta scatola, la quale deve perciò essere realizzata con la necessaria robustezza per sopportare i carichi suddetti.
Le cime dei pescanti vengono avvolte su due verricelli (g), e al fine di controllare correttamente la discesa della lancia attraverseranno due bitte a croce (h) prima di giungere ai paranchi in cima ai bracci.




A sinistra il particolare di possibile meccanismo di manovra sbraccio
(scatola ad ingranaggi “C” descritta sopra)

Per mettere in mare la lancia dunque, una volta rimosse le rizze che la tengono immobile entro le selle, si procede ruotando le manovelle sulle due scatole (una per braccio) che azionano la rotazione della vite di manovra; a questo punto i profili filettati, ruotando, faranno traslare le aste cave verso le estremità superiori delle viti di manovra stesse, le quali determineranno l’inclinazione fuoribordo di bracci e lo scostamento della barca dalle selle.
Una volta che la lancia si troverà fuoribordo, sospesa sotto i paranchi, basterà rilasciare le cime dei pescanti analogamente a quanto accade per le gruette a quadrante e la lancia giungerà in mare. Queste gruette continuarono a trovare applicazione su navi prevalentemente di costruzione prebelliche anche dopo il secondo conflitto mondiale, come ad esempio la motonave Fairsea della “SITMAR Line”, la quale - riadattata con ottimi risultati per il servizio passeggeri - adottava una disposizione a due lance sovrapposte per gruetta (anche se non tutte le gruette a bordo erano di questo tipo).

In tal senso, dopo il conflitto, molte unità di classe Liberty che trovarono nuova vita per l’impiego civile mantennero tali impianti, come ad esempio il Liberty SS Nelson Dingley,; questa unità dopo la guerra passò nelle mani della compagnia “Italnavi” di Genova, che ne dispose l’ammodernamento mediante la sostituzione dell’apparato propulsivo a vapore da 2.500 cavalli originario con un impianto a combustione interna costituito da un motore diesel “FIAT Grandi Motori” tipo 686 da 3.600 cavalli. Venne contestualmente ribattezzata M/N Italterra, e venne adattata per il trasporto di centinaia di autovetture Fiat verso gli Stati Uniti. Nonostante gli ammodernamenti che la interessarono, dunque, le gruette non furono sostanzialmente alterate rispetto alle origini.