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Queste informazioni sono estratte dalla ricerca di Francesco Giuliani dal titolo:
I mezzi di salvataggio delle navi - Scialuppe e gruette.
Il documento, quando sarà completo, verrà pubblicato sul sito mitidelmare.it e sarà scaricabile in formato PDF


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Le dotazioni di salvataggio a bordo di una nave hanno sempre rivestito particolare importanza, potendo garantire la sopravvivenza in caso di naufragio, e per questo vengono concepite in modo tale da rispondere al meglio alle varie situazioni che potrebbero occorrere alla nave su cui sono installate. Questi sistemi comprendono le imbarcazioni di salvataggio e tutti quei sistemi atti a metterle in mare correttamente ed in sicurezza nel più elevato numero di eventi avversi possibili. Le imbarcazioni possono essere di tipo rigido, ovvero le comuni scialuppe, oppure gonfiabili, come i canotti in uso oggi su tutte le unità passeggeri e mercantili di linea e da crociera.
Considerazioni sulle problematiche connesse
all’ammaraggio delle lance con nave sbandata

La messa in mare delle lance non è mai semplice come sembrerebbe: infatti, sebbene in teoria i sistemi impiegati come descritto sopra e nei paragrafi precedenti parrebbero avere in teoria un funzionamento lineare ed ineccepibile, ciò potrebbe risultare non altrettanto corrispondente ad una situazione pratica, e perciò complicarsi notevolmente se la nave dovesse sbandare su un fianco. Tale eventualità, invero abbastanza comune durante un naufragio, potrebbe impedire il corretto ammaraggio delle lance presentandosi attraverso due aspetti: la difficoltà di ammarare le lance per via dello sfregamento contro murata dello scafo e l’impossibilità di sbracciare le gruette.
Il primo aspetto è onnipresente, ma si presentava in maniera più accentuata nel passato rispetto ai giorni d’oggi, in quanto è considerevolmente influenzato dal tipo di superficie di contatto tra lo scafo della nave e della lancia.

Le lance un tempo erano infatti realizzate con fasciame assemblato mediante tecnica a sovrapposizione (denominata Clinker), con le tavole del fasciame di cinta che si sovrapponevano a quelle del fianco, e a loro volta quelle del fianco a quelle del ginocchio, del fondo, dei controtorelli e torelli. In conseguenza di ciò, in sezione, il fasciame sembrava possedere un profilo “a denti di sega” rivolto verso il basso, andante verso la chiglia. Del resto il fasciame in acciaio delle navi era realizzato mediante chiodatura a caldo di lamiere di consistente spessore sovrapposte tra loro e chiuse mediante coprigiunti, tutti spessi qualche decina di millimetri. Questo faceva sì che il fasciame della la lancia, scendendo contro la murata, potesse ingaggiarsi con gli “scalini” formati dalla sovrapposizione delle lamiere dello scafo della nave (figura 9), determinando quindi una rotazione trasversale della lancia lungo il suo asse longitudinale, in corrispondenza dei paranchi prodiero e poppiero. Utilizzando le gru radiali e a quadrante, infatti, le imbarcazioni scendevano in mare molto vicine allo scafo; nel caso che lo scafo della lancia si fosse ingaggiato con quello della nave poteva accedere che il lato esterno della lancia -per il peso- continuasse a scendere, mentre il lato rivolto a murata rimanesse ingaggiato con le lamiere, determinando un inclinazione che, in casi estremi come un consistente sbandamento della nave sul lato opposto tale per cui le due superfici non riuscissero a disingaggiarsi in tempo, poteva portare financo al rovesciamento della lancia stessa.
Con il tempo comunque la situazione, per i motivi più diversi, è cambiata e talvolta migliorata; in tal senso le lance sono passate ad avere fasciami a tavole affiancate “comento a comento” (tecnica del giustapposto), fino ad arrivare a scafi in acciaio, alluminio ed infine vetroresina, ottenendo così fasciami “lisci” e eliminando questo problema.

In tal senso anche le navi, per motivi di peso, qualità e resistenza delle giunture del fasciame, sono arrivate oggi ad avere lamiere affiancate e saldate tra loro tramite cordoni continui, eliminando quegli “scalini” fastidiosi (che inoltre da un punto di vista idrodinamico “sporcavano” il profilo della carena in acqua, oltreché determinare un aumento di peso in virtù della presenza di lamiere sovrapposte in corrispondenza delle giunzioni chiodate).
Per quanto riguarda lo sbraccio delle gruette, il problema di effettuare tale manovra con la nave sbandata si presenta più recentemente che nel lontano passato; infatti, considerando ad esempio l’impiego delle gruette a quadrante,  queste venivano sbracciate manualmente tramite la rotazione di una vite di manovra, per cui l’azione veniva eseguita dall’uomo e una volta inclinati i bracci fuoribordo, questi rimanevano in posizione finché qualcuno, manualmente, non agisse nuovamente sulle viti di manovra. Il problema semmai poteva essere dato dalla difficoltà, comunque non secondaria, di scostare le lance dalle selle per orientarle fuoribordo a causa dell’inclinazione massima dei bracci resa disponibile dalle peculiarità costruttive del meccanismo, che in taluni casi poteva risultare insufficiente.

Nel caso delle gruette gravitazionali, invece, il concetto cambia in modo consistente. Questo tipo di gru rappresenta ancora oggi il sistema più diffuso; ce ne sono di diverse fogge e dimensioni, in base alle necessità di spazio o di funzione a bordo della nave su cui vengono installate, ma tutte sono accomunate dallo stesso principio di funzionamento, ovvero la gravità. Affidarsi sulla gravità per sbracciate le gruette consente di poter eseguire tale manovra anche in caso di assenza di elettricità, eventualità purtroppo spesso presente in caso di naufragio o incendio a bordo, potendo così gestire l’ammaraggio delle lance in situazioni critiche. Tuttavia, ciò che in tal senso rappresenta un formidabile punto di forza, nel caso di sbandamento della nave può trasformarsi in un grave svantaggio (figura 8).
Come viene descritto sopra, infatti, nelle fasi iniziali di sbraccio la gruetta scorre per gravità su due guide inclinate,  fino ad arrivare alla curva che determinerà l’inclinazione fuoribordo dei bracci; in questa prima fase è fondamentale che la guida rimanga inclinata rispetto all’orizzonte, onde permettere alla gravità di far traslare lancia e bracci fino a murata. Nel caso in cui invece, per via ad esempio di una falla nello scafo che comprometta la stabilità trasversale della nave, lo sbandamento di quest’ultima su di un fianco raggiunga un angolo tale da rendere pressoché orizzontali le guide sulle quali i bracci scorrono (angolo “α” nel disegno), la possibilità di ammarare la lancia potrebbe venir meno.

In tale situazione infatti la massa totale della lancia e dei bracci insieme graverebbe su un piano circa orizzontale e non più inclinato, determinandone l’impossibilità di movimento. In talune situazione diventerebbe improbabile persino riuscire a sbracciare manualmente il sistema, in quanto la massa della lancia costringerebbe la suddetta al suo posto, adagiata contro i bracci, pur essi immobilizzati sottoposti al loro stesso peso.
Questo grave inconveniente divenne quantomai noto in occasione del naufragio della turbonave Andrea Doria, durante il quale per via del forte sbandamento raggiunto sul lato dritto fu impossibile ammarare le lance sul lato sinistro.
In tal senso si è cercato, negli anni, di realizzare gruette gravitazionali in grado di potersi sbracciare con sbandamenti sempre maggiori, come per esempio le gruette concepite a fine anni cinquanta per equipaggiare le turbonavi Leonardo da Vinci, Michelangelo e Raffaello della Società “Italia” (illustrate nel dettaglio nella sezione “gruette desuete”). Il problema è che, comunque, non sia possibile risolvere totalmente l’inconveniente fintanto si continui ad utilizzare la gravità come principio azionante, in quanto ci sarà sempre un angolo oltre il quale il baricentro delle masse sospese e non sospese del dispositivo finiscano per raggiungere un equilibrio indifferente o peggio ancora stabile, tale da impedirne la movimentazione. Questi dispositivi rimangono tuttavia, a prescindere da tale svantaggio, i sistemi che a parità di pregi e difetti rappresentano la soluzione più adatta a dirimere l’abbandono nave in situazioni critiche.